CAIO - Guardiani Italiani

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Caio è a letto con tre dei suoi uomini quando il fratello Titus lo raggiunge nella sua camera:
«E' ora, ci muoviamo!»
Dopo aver ordinato a uno dei suoi amanti di raccogliere e portargli gli abiti, il guerriero si veste, si infila il suo caratteristico elmo e prende il gladio a sé, pronto a seguire il fratello in una nuova impresa.
Tempo prima, questi gli aveva esposto le sue intenzioni e, senza scendere troppo nei particolari, gli aveva confidato di aver stretto un'alleanza con una potente organizzazione. Questo gli permetterà di arrivare a ottenere ciò che si prefigge. Titus, infatti, ritiene che, in quanto successori della LEGIO X, la Sacra Scuola Imperiale del Divino Pugno di Marte, lui e i fratelli Caio e Marcus, devono governare e anelare a qualcosa di più nobile, che non sia soltanto il tramandare una tecnica marziale assassina nata 2000 anni prima.
Sebbene non davvero consanguinei, ma cresciuti come tali, i tre, infatti, sono i discendenti in linea di sangue dei membri del primo triumvirato, i fondatori stessi del Divino Pugno di Marte. Forgiati come guerrieri fin dalla nascita nel corpo e nella mente, sono la realtà vivente di un mondo, quello dell'Impero Romano, che aveva saputo governare e amministrare vasti territori con il pugno di ferro, portando civiltà e ordine. Secondo Titus, essi hanno ereditato il dovere di riportare ordine nel caos, guidando Roma a risorgere all'antico splendore.  
Caio, colpito dalla sua smisurata ambizione, aveva chiesto al fratello come intendesse muoversi per realizzare il suo disegno di conquista e questi gli aveva risposto con una affermazione che presagiva ciò in cui si sarebbero imbarcati da lì a poco:
«Un impero è un tempio che si basa su fondamenta solide. Solo scavando nella merda del mondo si può giungere al cielo!»
A quelle parole  e al pensiero degli agi e del divertimento che avrebbe provato nell'infliggere violenza, Caio decise di seguire Titus nel suo folle piano di creare un nuovo ordine mondiale, diventandone il braccio destro. Fu così che abbandonarono il Ludus Magnus, dove erano cresciuti insieme al fratello Marcus.
Quando il gruppo esce non è ancora l'alba e Caio, seguendo il fratello assieme agli uomini, viene investito dall'aria gelida della città che sa ancora dell'odore della notte tipico della Capitale. Una strana sensazione di eccitazione mista a esaltazione lo pervade.
Mentre l'auto viaggia sul Grande Raccordo Anulare, l'uomo assapora l'imminente scontro passando la mano sulla lama della propria arma. Ora che si sono imposti sulla Capitale, è arrivato il momento di dare un colpo di mano anche alle realtà criminali che le ruotano intorno. Lui e Titus, infatti, si erano inseriti con violenza nel milieu criminale romano, destabilizzando un nascente sodalizio tra i vari clan. Così, dopo una rapida e sanguinosa scalata ai vertici delle varie organizzazioni mafiose, il fratello è diventato presto il capo indiscusso della criminalità che controlla Roma. Le esperienze fatte durante l'adolescenza, quando avevano avuto i primi duri scontri con quel tipo di realtà, sono tornate utili. Tuttavia, non sarebbe stato possibile realizzare ciò che hanno fatto, in così poco tempo, senza possedere carisma e forza, più una spiccata creatività nell'approccio alla violenza. E suo fratello Titus, quelle caratteristiche, le possedeva tutte.
«Se non mi giurate obbedienza, allora potete far a meno della bocca!»
Queste erano state le sue parole un attimo prima di staccare, a mani nude, le mascelle dei boss a capo delle consorterie mafiose che si spartivano la città, quando questi si erano rifiutati di riconoscere la sua leadership. Gli uomini che avevano assistito alla scena erano rimasti allibiti di fronte a quel livello di violenza esplosiva, fuori scala anche per dei criminali del loro stampo. Così, non appena si erano ripresi dallo shock, non ci avevano pensato due volte a tradire i propri clan di appartenenza per seguire il nuovo "Re di Roma", recitando in coro, terrorizzati, il saluto in onore del fratello:
«Ave, Titus Licinio Crasso!»
All'uscita dall'autostrada tangenziale, in direzione del mare, l’auto, guidata da "Mirmillone", il  loro uomo più fidato, segue quella occupata dagli altri componenti della banda. Più indietro, un camioncino, anch’esso parte del loro convoglio. Il fratello non gli aveva detto cosa trasportasse.
Caio si volta a guardare il veicolo, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione a Titus che è impassibile, calmo, e con uno sguardo determinato.  
«Cosa trasporta?»  
Dopo qualche secondo di silenzio, continuando a guardare davanti a sé, gli dice:
«Il supplizio più crudele e il più tetro!»  
Caio si fa bastare quella risposta. Con Titus non sapevi mai cosa aspettarti, ma potevi stare certo che ti avrebbe sorpreso.  
Finalmente arrivano a destinazione, e i rappresentanti del clan che controlla il territorio, nel numero di cinque uomini, sono già ad attenderli sulla lingua d'asfalto che si affaccia lungo il litorale. Caio nota anche che il camioncino si è parcheggiato più indietro, lontano dalla loro vista.
Non appena scesi dall'auto, uno degli uomini si rivolge direttamente a Titus:
«Ti sei dato piuttosto da fare! Che ci proponi?»  
Caio osserva il fratello in attesa della sua reazione. Dopo qualche istante, questi  risponde:  
«Ho assoggettato già tutte le organizzazioni criminali della Capitale e di conseguenza intessuto rapporti con i rispettivi nuclei nei loro territori di origine. Tuttavia, per il momento, il territorio laziale sfugge ancora al mio completo controllo. Qui nessuno è in posizione di forza e vi convivono e interagiscono diverse organizzazioni criminali. Ora, potrei anche pensare di sviluppare affari condivisi, o quantomeno senza contrasti, con voi, ma ciò risulterebbe una mossa debole agli occhi degli altri clan. Quindi ho pensato a una soluzione, un messaggio chiaro e non fraintendibile per tutti i clan!»  
Caio percepisce nelle parole del fratello una sicura sentenza di morte per i suoi interlocutori, ma gli è  chiaro che tutto quel parlare è rivolto anche ai propri uomini che, ancora una volta, assisteranno alla superiorità del suo metodo di comando.
L'uomo si rivolge nuovamente a Titus chiedendo spiegazioni:
«Romano, di che cazzo stai parlando? Se sei qui per proporre un accordo, ti ascolto, se invece ti va di giocare a fare Al Capone ti consiglio di abbassare le corna, perché a un mio cenno ti sfondo! Non siamo soli, intendi?!»  
A quelle parole Caio si allerta guardandosi lentamente intorno, cercando di notare eventuali presenze appostate dietro i possibili nascondigli. Quando torna a guardare il fratello nota che questi accenna un lieve sorriso.
All'improvviso, una figura piccola che cavalca quello che sembra essere un grosso cane, esce veloce dalla vegetazione per avventarsi, impugnando una strana spada, sui criminali. Caio non crede ai suoi occhi... è un babbuino che cavalca una iena! La scimmia si avventa sugli uomini con violenza selvaggia ferendone tre e colpendone a morte un altro, mentre la belva inizia a sbranare proprio l'uomo che stava parlando con Titus.
In un attimo il sangue è ovunque e tinge di rosso scuro la sabbia della spiaggia sul limitare dell'asfalto. La iena, infine, infligge un ultimo e decisivo morso alla nuca dell'uomo, mettendo fine alle sue sofferenze. Brandelli di carne indistinta finiscono in mezzo ai rifiuti che ornano il ciglio stradale, accanto al bulbo oculare che il babbuino ha estirpato a uno degli uomini e a metà di un orecchio. Caio non riesce a capire a chi appartenga, tanta è la confusione e il sangue presente sui feriti che ancora si contorcono a terra!  Finito l'attacco la scimmia si volta verso Titus:
«Fatto!»  
Poi, dopo aver indicato con la spada dalla strana foggia le figure di due uomini che escono dalla boscaglia attigua alla strada, riprende a parlare:
«Degli altri si sono occupati loro.»  
Titus da il benvenuto ai due uomini, presentandoli a Caio, ancora incredulo nell'aver sentito la scimmia parlare!
«Caio, questi sono Kuma, il babbuino mutante, Gbenga e Kamara della  "Gadawan Kura Gang"... mafia nigeriana!»  
Cercando di mettere da parte lo stupore nell'avere di fronte una scimmia mutante che parla, Caio si concentra sugli altri due, notando il loro fisico scolpito e pieno di cicatrici. Capisce immediatamente che sono entrambi guerrieri come lui e Titus.
«Lui è mio fratello Caio Pompeo Magno, successore dello "Stile della Lupa Imperiale" del Divino Pugno di Marte!»  
Finiti i rapidi convenevoli, Titus torna a rivolgersi al fratello indicando il camioncino che sta parcheggiando più vicino.
«Di’ agli uomini di scaricare e iniziare a scavare. »
Caio è confuso.
«Scavare? Vuoi seppellirli?»
Titus lo guarda scuotendo la testa e risponde mentre gli porge un foglio che tira fuori da una tasca.
«Seppellirli? Figurati! Prendi, qui ci sono le istruzioni su come piantare i pali e legare i corpi e di’ agli uomini di sbrigarsi, voglio che questi cinque siano crocifissi prima dell'alba!»
Sotto l'elmo Caio rimane a bocca aperta, affascinato, ancora un volta, dalla creatività e dal carisma del fratello.
All'alba il convoglio riparte verso la capitale, lasciandosi dietro le croci che svettano sul litorale come messaggio e monito di suo fratello Titus… il Nuovo Re di Roma!
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